Incostituzionalità della rapina e sentenze passate in giudicato

23.05.2024

E' di pochi giorni fa la notizia della sentenza della Corte Costituzionale (n.86/2024) che, in tema di rapina, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 628 comma 2 del codice penale, nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata per la rapina c.d. impropria sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, e modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.

In via consequenziale, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 628, relativo alla rapina c.d. propria, nella parte in cui non prevede la medesima attenuante.

IL CASO

Nel caso sottoposto alla Corte Costituzionale protagonisti erano due soggetti accusati di avere prelevato generi alimentari di modesto valore dagli scaffali di un supermercato, riuscendo a guadagnarsi la fuga mediante qualche minaccia e una spinta, per essere poi sorpresi fuori dall'esercizio commerciale intenti a consumare del pane.

In casi come questi , secondo la Corte Costituzionale, irrogare, così come previsto dalla legge, una pena che parte da anni cinque di reclusione, significherebbe applicare in concreto una sanzione assolutamente sproporzionata al fatto, in violazione degli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione che piuttosto esigono l'introduzione di una diminuente ad effetto comune, fino ad un terzo, quale "valvola di sicurezza" per tutti i fatti di lieve entità.
Si tratta dell'estensione alla rapina di quanto già deciso dalla sentenza n. 120 del 2023 per l'estorsione ed ancora prima per il sequestro di persona a scopo di estorsione.

La Corte sottolinea che tale estensione consegue sia al principio di uguaglianza, nel trattamento sanzionatorio della rapina e dell'estorsione, sia ai principi di individualizzazione e finalità rieducativa della pena, i quali ostano all'irrogazione di sanzioni sproporzionate rispetto alla gravità concreta del fatto di reato.

Cosa succede alle condanne definitive per rapina già passate in giudicato?

E’ possibile proporre incidente di esecuzione.


La decisione della Corte Costituzionale, infatti, oltre ad essere rilevante con riferimento ai processi in corso, è da valutare attentamente nel caso in cui il soggetto sia in espiazione di una pena definitiva - purché non interamente finita di espiare - per un reato di rapina che potrebbe rientrare in un'ipotesi di lieve entità.

Non v'è dubbio che il suo difensore , in casi come questi, può proporre un incidente di esecuzione condiderato che si tratts di verificare la sussistenza di un'ipotesi di lieve entità in base a quanto emerge dalla sentenza stessa e dagli atti processuali, fermo restando che, ai sensi dell'art. 666 comma 5 cpp il giudice possa, quando occorre, finanche assumere prove nel rispetto del principio del contraddittorio.

È evidente infatti come nessuno, in coerenza con la funzione rieducativa della pena di cui all'art. 27 della Costituzione, possa essere tenuto a scontare una pena o parte di essa, che sia stata dichiarata costituzionalmente illegittima.


L'esecuzione della pena infatti implica l'esistenza di un rapporto esecutivo che nasce a partire dal giudicato e si esaurisce solo con l'estinzione della pena.

Fino a quando l'esecuzione è in atto infatti il rapporto esecutivo non può ritenersi esaurito e gli effetti della norma dichiarata costituzionalmente illegittima devono essere rimossi dal giudice dell'esecuzione (SS.UU. n. 4687 del 20 dicembre 2005).

Laddove dunque riteniate che la vostra situazione possa rientrare tra i fatti di lieve entità (come il caso sottoposto all'attenzione della Corte Costituzionale) dovrete parlarne con il vostro avvocato al fine di procedere ad un’eventuale rideterminazione della pena in modo legale e conforme ai principi costituzionali. 


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